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Mercati ballerini a ritmo dei dazi

Data pubblicazione: 14 aprile 2025

Autore:

Wealthype.ai per Fineco Bank
Rappresentazione visiva dell'articolo: Mercati ballerini a ritmo dei dazi
  1. Ci risiamo: calo e recupero dei mercati azionari sulla scia dei dazi annunciati e poi sospesi da Trump.
  2. Resta il timore che l’incertezza possa pesare sui prezzi al consumo e sulla crescita economica.
  3. In questa fase di mercato, è più che mai essenziale mantenere i nervi saldi e la barra dritta.


“LIBERATION DAY”: IL SELLOFF SI AGGIUDICA IL SUO POSTO NELLA STORIA

L’indice S&P 500 ha segnato una delle 15 peggiori sedute dal 2008 a oggi

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Fonte: Elaborazione Wealthype su dati Investing.com al giorno 9 aprile 2025


Dazi a tappeto. Anzi, no. Nel giorno della loro entrata in vigore, il presidente degli Stati Uniti d’America Donald J. Trump ha annunciato la sospensione per 90 giorni dei dazi “reciproci” a tutti quei Paesi che non hanno reagito con una rappresaglia. Resta il balzello universale del 10%. Dopo i forti cali delle sedute precedenti, tuttavia, i listini USA hanno recuperato in scia alla retromarcia.


Una pesante flessione era stata infatti la reazione di tutti i mercati ai cosiddetti dazi “reciproci” disvelati dal presidente Trump mercoledì 2 aprile, dal Rose Garden della Casa Bianca. Cos’aveva detto Trump? E perché i mercati, un po’ dappertutto, l’hanno presa così male? Soprattutto: cosa fare in generale, da investitori, in queste situazioni di incertezza? Vediamo di rispondere, un punto alla volta.

Cos'aveva annunciato Trump agli inizi di aprile e che cosa è successo poi


Mercoledì 2 aprile, alle 22:00 ora italiana, il presidente USA Donald J. Trump aveva annunciato:

  1. un dazio base del 10% su tutte le importazioni (che per ora ha mantenuto);
  2. dazi “reciproci” più elevati sulle merci provenienti da una serie di aree economiche (quelli che poi ha sospeso per 90 giorni), da intendersi come risposta al trattamento, ritenuto ingiusto, che tali aree riserverebbero agli esportatori statunitensi, sotto forma di barriere tariffarie e non tariffarie. Sull’UE, per dire, era stato sancito un bel 20% (niente a che vedere, comunque, con il 46% in capo al Vietnam).


Clamorosamente esclusa dalla sospensione la Cina, che si era già vista introdurre dazi del 20% tra febbraio e marzo. A questo 20% si è poi aggiunto il dazio “reciproco” del 34%. Pechino ha subito reagito a muso duro, con un 34% in capo agli USA: una misura ritorsiva che si è rifiutata di revocare. Perciò, l’amministrazione Trump ha rilanciato con un ulteriore 50%. Il totale è così arrivato al 104% (20% più 34% più 50%). Ma non è mica finita qua. Al balzello la Cina ha replicato immediatamente, incrementando i dazi di ritorsione sugli Stati Uniti dal 34% all’84%. E Trump? Non solo ha escluso la Cina dalla sospensione che ha interessato tutti gli altri dazi “reciproci”, ma ha ulteriormente rilanciato: mentre scriviamo, siamo passati dal 104% al 125%.


Sia come sia, secondo un consistente numero di osservatori e commentatori l’annuncio del 2 aprile dal Rose Garden della Casa Bianca ha messo fine all’era del libero scambio che ha caratterizzato il commercio globale per decenni. E, al di là dei rinvii, ci si chiede quali potranno essere i riflessi del nuovo quadro commerciale internazionale sull’inflazione e sulla crescita economica.

La reazione avversa dei mercati agli annunci di Trump


Come accennato, i mercati globali – che dopo la sospensione di 90 giorni hanno vistosamente recuperato – hanno reagito con modalità a dir poco sismiche all’annuncio dei dazi a tappeto. L’S&P 500 ha perso più del 10% in appena due giorni, tra il 3 e il 4 aprile. Praticamente speculari ai cali azionari sono stati i rialzi degli spread creditizi, che tendono ad andar su quando la situazione si surriscalda. Dopo il ripiegamento delle giornate precedenti, ha dato segnali di risalita il rendimento del titolo governativo decennale USA. E c’è un altro termometro che ha visto le sue tacche rialzarsi in questi giorni: l’indice della volatilità, tornato a livelli che non si vedevano dal momento più tosto della pandemia di Covid-19.


GUARDA CHI SI RIVEDE: LA VOLATILITÀ

I dazi hanno dato una nuova spinta al VIX

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Fonte: Elaborazione Wealthype su dati Investing.com


Perché tutta questa tensione? È presto detto. I dazi, si sa, sono un’imposta a carico di chi importa. Ma, a cascata, si fanno sentire anche sui consumatori finali. Dal che, i rinnovati timori di un rialzo dei prezzi al consumo. E non è solo l’inflazione a suscitare qualche interrogativo. “Tali politiche, se mantenute, potrebbero spingere l’economia statunitense – e forse quella mondiale – in recessione quest’anno”, hanno scritto in una nota gli economisti di JPMorgan guidati da Bruce Kasman. Calma, però: non è un finale per niente scontato. Nel bene e nel male, l’economia è sempre pronta a sorprenderci. E, a dispetto di formule e teorie, le recessioni non sono mai matematicamente prevedibili.

Cosa deve fare un investitore nel pieno di questa situazione?


Cali tra il 10% e il 20% rispetto al picco precedente fanno una correzione; cali superiori al 20% segnano l’arrivo di un mercato Orso. Solo che, quando il mercato Orso arriva, non suona alla porta: la butta giù. Al contrario, i mercati Toro (le fasi di mercato in cui prevalgono le fasi rialziste) sono lenti nel loro dispiegarsi, prendono più tempo e, in generale, fanno molto meno rumore. Si usa dire che i mercati vanno giù con l’ascensore ma poi tornano su piano, facendo le scale. Almeno, storicamente è sempre stato così.


“Mi sa tanto che stavolta è diverso”, potrebbe dire qualcuno. Ma qualcun altro lo pensò, per dire, anche nel biennio 2008-2009, nel pieno della crisi finanziaria globale. Nel 2009, la fiducia nell’economia USA era praticamente a zero e si pensava che il collasso del sistema finanziario avrebbe segnato la fine del capitalismo. E invece, da lì ha preso il via un Bull market che ha conosciuto solo qualche pausa momentanea (nel 2020 e nel 2022, in particolare).


Suonerà strano, ma il solo modo per non perdere soldi in momenti come quello precedente al 9 aprile è restare investiti. Ricordiamo cosa accade al nostro denaro se, in un arco di tempo significativamente lungo, rimaniamo investiti evitando di fare “market timing” (cioè, uscire e rientrare “strategicamente” sui mercati nel vano tentativo di schivare i cali peggiori).


PERDERE I GIORNI MIGLIORI DEL MERCATO HA UN COSTO NON INDIFFERENTE

Alla luce dei rendimenti totali medi annui dell’indice S&P 500 nel periodo 1995-2024

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Fonti: Ned Davis Research, Morningstar, Hartford Funds


Se prendiamo in considerazione l’indice statunitense S&P 500 tra il 1995 e il 2024, vediamo che la metà delle cinquanta migliori sedute si è registrata proprio durante un mercato Orso. Insomma, statisticamente i rialzi più importanti avvengono nel mezzo delle fasi peggiori (come, del resto, ci confermano il grafico in apertura e i rimbalzi che hanno fatto seguito alla sospensione annunciata il 9 aprile): se si fa market timing, si rischia di mancare proprio questi recuperi.


Una lezione che tutti gli investitori dovrebbero sempre ricordare.

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